Fu così che in poco meno di un mese la capretta si ristabilì,
prese ad alzarsi in piedi e a camminare pur zoppicando vistosamente. Presto
iniziò anche ad uscire e a seguire la bimba nelle sue faccende quotidiane,
saltellando in una valle ormai già piena di neve. La bimba e l'animale
divennero inseparabili. Giocavano, piroettavano, correvano e quando potevano
davano una mano a svolgere i duri compiti che richiedeva la vita d'alta quota.
Certo, la capretta zoppicava sempre un po' e più di tanto non poteva fare, ma spesso
il suo aiuto fu prezioso e non ci volle molto che anche la mamma si
affezionasse a lei e incominciasse a considerarla come una parte della
famiglia. Un giorno, mentre pelava le patate da mettere nella minestra, guardò
fuori e vide la figlia che si divertiva a scivolare con uno slittino giù da un
pendio di neve. Arrivata a valle tirava su per la salita, di nuovo e di nuovo,
e poi ricominciava. La capretta arrancando la seguiva. Scendeva giù saltellando
tra mille spruzzi di neve e poi risaliva con lei aiutandola a trascinare lo
slittino, trainando la corda con la bocca. Pensò che si era fatta proprio un
bell'animale e quando la bambina venne per la cena glielo disse e aggiunse che dovevano
darle un nome! "E' arrivata all'inizio dell'inverno, è tutta bianca, bianca
come la neve...la chiameremo Nives!" disse. La capra belò in segno di approvazione e alla
bimba quel nome piacque subito tantissimo! Così mamma, bimba e Nives
continuarono serene le loro giornate in quell'inverno che si faceva sempre più
freddo, lungo e pieno di neve.
Un giorno, come talvolta capitava, passò per la Valle Bianca
un cacciatore e si fermò alla casa delle due donne. La mamma gli offrì un
piatto di zuppa calda e il cacciatore lasciò la coscia di un daino appena
cacciato per ringraziare. Dopo che si fu tolto la pelliccia e dopo che ebbe
appoggiato le armi su di una panca fuori
dalla porta, i tre si sedettero assieme a mangiare mentre Nives leccava in un
angolo la sua scodellina di latte. Ci fu un periodo di silenzio in cui il
cacciatore si rifocillò e si riprese dal freddo. Poi la mamma iniziò a chiedere
qualche notizia di quello che succedeva a valle e nel regno. "Che si dice
giù in paese?" "Ah grandi notizie!" - disse il
cacciatore e staccò con un morso un pezzo gigante del pane di segale che faceva
la donna. Oltre alla bontà della zuppa, era nota tra tutti nella zona anche la
squisitezza del pane che faceva la signora della capanna nella Valle Bianca.
Inghiottì il boccone e proseguì mentre divorava la zuppa. "Pare che il re
abbia deciso di venire a caccia da queste parti!" esclamò suscitando un
belato della capretta e la curiosità e la meraviglia delle due. "Si dice
che voglia prendere degli stambecchi e delle capre selvatiche e che abbia
sentito che la nostra regione in inverno
è una delle migliori per la caccia a questi animali. Pare, per altro, che sia
ghiotto del loro stufato." La mamma, che i re non li apprezzava molto ribatté
subito " Ma il re è un uomo di pianura...vive laggiù in città, che ne sa
lui di come ci si muove in montagna! " Il cacciatore per non avanzare
neanche un goccio di zuppa stava bevendo direttamente dal piatto "Appunto!"
sbiascicò "Saranno il re, un conte e un barone e sono in cerca di una
guida. Sarebbe un bel colpo per me se riuscissi a farmi prendere. Io sono il
miglior cacciatore di queste parti!"
si vantò l'uomo e la bimba lo guardò con qualche dubbio. Si ricordava
almeno di altri tre cacciatori che passavano con una certa frequenza e
lasciavano loro prede ben più grosse di quella ma soprattutto erano molto più
educati quando si mangiava! L'idea, però,
che camminando sulla neve del bosco,
avrebbe potuto incontrare il re in persona la affascinava moltissimo.
Anche il conte e il barone, ma soprattutto il re! La mamma e il cacciatore
continuarono a parlare ma l'immaginazione della bambina oramai viaggiava come
acqua in un torrente. Come avrebbe confidatoo quella sera alla capretta, se lo immaginava alto, con i capelli biondi e
splendenti ed un cavallo bianco che più maestoso non si sarebbe mai visto in
giro. In fondo era il re! E se era il re doveva avere una corona. Tutta d'oro
sicuramente. Con un sacco di gemme e brillanti di tutti i colori. Raccontò a Nives
di come sarebbe intervenuta in soccorso del re aggredito dall'orso e caduto da
cavallo. lo avrebbe salvato e tutti l'avrebbero stimata e ringraziata. Il
conte, il barone e anche il figlio del re, il principe che poi si sarebbe
sicuramente innamorato di lei e presto l'avrebbe sposata e le avrebbe costruito
uno splendido palazzo d'oro proprio lì, nella Valle Bianca. Quel posto che lei non
avrebbe lasciato per nulla al mondo. "Poi ci sarà un sacco di erba fresca
anche per te Nives, e tantissime carote che potrai sgranocchiare quando vuoi..."
le sussurrò all'orecchio mentre la teneva abbracciata e tutte e due, bimba e
capretta , caddero addormentate in un sonno profondo e pieno di sogni.
Ben presto però il racconto del cacciatore finì nel
dimenticatoio perché l'inverno quell'anno si fece freddo e duro. Il gelo era
tanto intenso che quando Nives sputava, come ogni tanto fanno le capre (ma mai
in casa perché Nives era una capra educata), la sua saliva si era già
trasformata in un cubetto di ghiaccio prima ancora di arrivare a terra. Gelò persino
l'acqua nei ruscelli, tanto che le due
donne per riempirne i secchi dovevano rompere con il piccone uno spessissimo
strato di ghiaccio e nonostante fossero solo pochi metri fino alla casa, tempo
di trasportarla e si era già congelata! Nei giorni in cui il freddo era meno acuto nevicava sempre. Nevicava e
nevicava e la Valle Bianca non era mai stata così tanto bianca. La mamma e la bimba spalavano di continuo intorno alla
casa e alla stalla ma la neve continuava ad accumularsi. Dopo qualche giorno di
forti nevicate la casetta di legno non si vedeva quasi più. Il tetto era tutto
bianco, ne spuntava solo il camino e per uscire si doveva arrampicarsi su
pareti di neve che arrivavano all'altezza dei muri. Di fronte alla porta la
mamma aveva piantato nella neve una scaletta di corda che permetteva di
arrampicarsi più facilmente. La donna era preoccupata, il cibo iniziava a
scarseggiare . Di biada raccolta in estate per la mucca e la capretta ce n'era
in abbondanza, ma le patate, le castagne, la carne secca e le altre conserve
non sarebbero bastate che per poche settimane. Cacciatori con quel tempo non ne
sarebbero passati. Per fortuna avevano ancora una buona scorta di grano con cui
potevano fare il pane. Ma cosa avrebbero mangiato fino a primavera, pane e neve? Gli altri anni quando si
erano trovate in una situazione simile non era stato un grosso problema. Oltre
a ciò che i cacciatori lasciavano volentieri in cambio di ospitalità, lei e la
bambina scendevano a valle dove potevano scambiare gli utensili di legno, che
erano solite lavorare nelle lunghe serate d'inverno, con i beni di cui avevano bisogno. Ma
quell'anno le tempeste e la neve avevano reso impossibile muoversi, era troppo
pericoloso. La notte sentivano l'abbattersi delle valanghe sui fianchi delle
montagne. Rombi fragorosi che riecheggiavano per minuti e minuti nella notte in
tutta la valle. Allora Nives tremava e si stringeva ancora di più alla bimba
nel loro giaciglio. Che cosa mangeremo? si chiedeva la mamma. Pane e neve? La bambina percepiva la preoccupazione della madre e provava
a rassicurarla. Diceva che avevano comunque quel buonissimo pane, quel poco di
latte che la mucca continuava a dare e che in fondo non avevano bisogno di così
tanto da mangiare stando sempre in casa a riscaldarsi. Così proseguivano le
giornate tra le tempeste di neve, il pane di segale,i lavori con il legno, i
muggiti della vacca, il freddo e i lunghi racconti che Nives ascoltava
accoccolata sul fianco della sua amica.
Successe un giorno che la tempesta si fece forte come mai
prima d'allora si era visto nella Valle Bianca . Il vento ululava da ogni
spiffero, fuori non si vedeva nulla di nulla e dalle nuvole cadeva una quantità
incredibile di neve. In casa per parlare bisognava quasi gridare per sentirsi
al di sopra del vento e in lontananza si udva a ripetizione il rombo delle
valanghe. I tronchi della casa tremavano, la mucca muggiva e nives belava. "Che
tempo da lupi!" escalmò la bambina
e Nives belò di nuovo. Ma era peggio di un tempo da lupi perché i lupi, con un
tempo così, non si sarebbero mai fatti vedere! La capretta riposava sul
giaciglio di paglia, mamma e figlia stavano preparandosi a cuocere il solito
pane di segale nel camino quando d'improvviso si sentì rotolare qualcosa giù
dalla scaletta contro la porta. PTAPIM! PUM! PAM! Nives belò! "Una frana!"
gridò la mamma. "Una valanga!" gridò la bambina e insieme si precipitarono
alla porta a vedere cos'era successo. La spalancarono e il vento entrò con
furia nella casa. Si ritrovarono davanti un groviglio di pelliccia da cui
uscivano gambe scalcianti e mani che cercavano di afferrare l'aria e c'era un
sedere nudo in quella palla di pelo. Si muoveva come se volesse parlare. "Che essere immondo!" urlò la
bambina. "Ah! - gridò la madre- un
demone della montagna!" Si stava già avviando a prendere un bastone con
cui scacciarlo quando improvvisamente da quel groviglio peloso, tra mugolii e
lamenti infernali, uscì un viso d'uomo con i baffi. Poi un altro e un altro
ancora e poi i corpi si districarono e ne emersero tre figure umane ben
distinte anche se incrostate di neve. Quella al centro fu la prima a riaversi e
la prima cosa che fece fu quella di tirarsi su i pantaloni per coprirsi le
natiche. Poi l'uomo guardò stupito le due donne sulla soglia. Loro ricambiarono
meravigliate il suo sguardo senza sapere bene cosa fare. Dopodiché l'uomo si
alzò in piedi e rivolto agli altri due esclamò: "Per tutti gli ori del mio
tesoro! Conte! Barone! abbiamo trovato un riparo!" Allora il Barone
baroneggiò , il conte conteggiò e, senza degnare di un saluto le due montanare,
si precipitarono dentro correndo di filato verso il fuoco del camino. La mamma
e la figlia si guardarono stupefatte. Non c'era bisogno di presentazioni,
avevano sentito bene! Se quello che barava era il barone e quello che contava
era il conte, quello al centro era sicuramente il re! Le due donne erano un po'
disorientate. In fondo non avevano mai visto un re! A pensarci bene neanche un
conte e un barone, ma un re proprio, quello sicuramente no! Solo che questo, un
re non lo sembrava affatto! Non era alto e biondo, non aveva un cavallo bianco
e maestoso ma, soprattutto, non aveva neanche la corona d'oro! Dov'è la corona con tutti i brillanti? pensò la bimba. Il re in questione era basso
e grassoccio. Aveva i capelli grigi e tutti arruffati, indossava una pelliccia bagnata e spelacchiata
e sul viso aveva due grossissimi baffi
anch'essi grigi e arruffati. Così grandi
e lunghi che terminavano ai lati con due enormi riccioli uno più strambo
dell'altro. Alla bimba ricordava tanto il mugnaio del paese di valle, dove ogni
tanto andavano prendere il grano. Rise tra sé al pensiero di chiamare maestà
quell'omino sempre sporco di crusca e farina. Pur tuttavia, se quello era il re bisognava
trattarlo da re. I tre uomini, con le
mani piene di anelli protese verso il camino, fissavano immobili il fuoco come
se non ci fosse stato niente altro nella stanza. "Ehm..maestà" disse ad un certo punto la mamma per rompere
il silenzio. "Benvenuti nel nostro umile riparo, qui viviamo con modestia
io e la mia figliuola" Il re si
scosse come se fosse stato svegliato da un sogno. "Ah...eh... -si guardò
intorno- "Riparo..." disse con un po' di disgusto "Beh sì, ho
fame. " affermò bruscamente. "Certo certo!" sottolineò il conte. "Indubbiamente!"
evidenziò il barone. Che maleducato! pensò la bambina. Ma i
re, si sa, sono sempre un po' maleducati e questi non faceva eccezione. "Preparerò
subito qualcosa" disse la madre,
pensando che di cibo e per tutti e cinque in realtà ce n'era proprio poco. "Arriverà a breve anche la vostra guida?"
chiese poi ricordandosi del cacciatore. "Oh oh, no no!" esclamò il
barone "Uh uh assolutamente no!" incalzò il conte. "Quel buono a nulla! -strepitò
il re - Ha avuto la brutta idea di andarsi a cacciare sotto una valanga e mi ha
lasciato a perdermi nella tempesta!"
" Proprio così!" asserì il conte. "Sì sì!" specificò
il barone. Che modo strambo di parlare
che avevano! pensò la bimba. Il re
parlava come se ci fosse solo lui e i due nobili gli davano sempre ragione.
Nives intanto, incuriosita dai nuovi arrivati, si era avvicinata e stava annusando il
didietro del de barone che saltellò per la sorpresa e spinse la capretta verso
il conte il quale subito si spaventò e
la allontanò con uno spintone mandandola verso il re. L'animale prese a leccare
con insistenza la mano del sovrano. Tutti quegli anelli d'oro erano un gusto
completamente nuovo per lei e non voleva proprio staccarsi nonostante sua
maestà, cercando di non perdere una certa regalità, tentasse di allontanarla
agitando il braccio e nascondendolo dietro la schiena. La scena era buffa e la
bambina dovette proprio trattenersi per non ridere. La mamma corse subito a
prendere Nives per allontanarla. "Ah!" ululò il re con indignazione
asciugandosi la mano sulla pelliccia fradicia. "Che capra insolente!" "Maleducata!"
sbottò il barone. "Non conosce le buone maniere!" affermò il conte. "Però...
-continuò il re osservandola bene- ...è proprio un bell'animale." "Bellissimo!" si affrettò a
dichiarare il conte. "Stupendo!" proferì il barone. Il viso del monarca si accese "Ho fame mi cucinerai un bello stufato di
capra!" "No!" gridò la bambina e andò correndo
ad abbracciare la sua amica capretta. "Chi osa contraddire il re!" sentenziò
il conte. "Parola di re parola di legge!" si infervorò il barone. La mamma, che era una donna furba ed esperta,
non perse la calma. Aveva sentito dire in giro che sua maestà era una buona
forchetta e che ci teneva molto a mangiare bene. Mangiava tanto e solo cose di prima
qualità. Inoltre aveva inteso raccontare che, ovunque andasse, il sovrano fosse
curioso di sperimentare la cucina locale, volendo provare in abbondanza tutte
le specialità di ogni zona. "Certo maestà... -disse allora- se stufato di
capra volete, stufato di capra avrete." Poi indicò Nives. " Ma
guardate bene com'è magro questo animale. Non ne uscirà molto! In più è una
capra tanto malata. Guardate come zoppica! Non sarebbe di certo un pranzo da
re. Se la teniamo qui in casa con noi è per non farla morire di freddo non certo
per offrirla a un sovrano raffinato come voi. Non ne verrebbe fuori neanche un
brodino decente!" La donna vide che
lo stava convincendo quindi non perse tempo e continuò "Altro che stufato
di capra! Qui nella Valle Bianca la specialità è proprio un'altra. Un piatto
così buono e succulento che una volta assaggiato non se ne può più fare a meno.
Lo cuciniamo solo tra questi monti e vengono nobili da ogni dove per
degustarlo. Ingredienti genuini e gustosi e una salsa segreta come non avete mai
sicuramente assaggiato da nessun altra
parte!" Il monarca pendeva dalle sue labbra. "Quando lo si cucina
inoltre lo si deve cucinare in grande quantità oppure la pietanza rischia di
non venire bene." Se il conte e il barone apparivano perplessi, il re
aveva già l'acquolina in bocca e i due nobili non si azzardavano mai a dire
nulla prima che lui si esprimesse. "Orsù preparatemelo allora!"
ordinò. "Cucinate!" ribadì allora il barone, "Assaggiamo!" ripeté
il conte. "Non ci vorrà tanto"
disse la madre sollevata dall'essere riuscita a distogliere l'attenzione dalla
capretta ancora abbracciata alla figlia in un angolo. "Giusto il tempo che
mettiate ad asciugare le pellicce al fuoco del camino e vi sediate sulle panche
attorno al tavolo che verrà apparecchiato. Soltanto dieci minuti e sarà pronto!" Così, mentre i tre si sistemavano, iniziò a pensare a cosa avrebbe preparato. E ora...che cosa gli cucino? In fondo qui non abbiamo altro che pane di
segale. E fuori c'è soltanto neve. Non
posso mica dargli da magiare la neve! Nel momento stesso in cui
formulava questo pensiero il suo viso si
illuminò. Chiamò la figlia e le disse che, mentre lei avrebbe apparecchiato, la
bambina doveva uscire con una mestolo e una pentola di rame e riempire il
contenitore della neve più bianca e cristallina che fosse riuscita a trovare.
Ormai la tempesta era scemata quindi la figlia non avrebbe corso alcun
pericolo. "Neve?" chiese stupita la bambina. " Si neve! La più
pulita che riesci a trovare. Vai ora e sbrigati!" disse. Poi corse a mettere tavola. La bimba
uscì seguita dalla capretta, si arrampicò su per la scala facendo crocchiare la
neve ad ogni passo e poi si fermò. Beh
non era un compito difficile pensò. Davanti ai suoi occhi non c'era
assolutamente nulla che non fosse del colore candido e brillante della neve
appena caduta. Anche per lei che viveva lì da sempre la Valle Bianca non era
mai stata così tanto bianca. Trovò un bel gruzzoletto di neve morbida e fresca
e riempì la pentola fino all'orlo. Poi
correndo con Nives che le zoppicava al seguito rientrò. Trovò la madre che
stava facendo riscaldare il pane tagliato a fette su una pentola nel camino. Un
odore caldo e piacevole si spandeva per la casa e i tre uomini seduti al tavolo
sembravano imbambolati dalla stanchezza e completamente persi nell'acquolina
che gli avvolgeva la bocca. Non la degnarono di uno sguardo. Lei corse dalla
madre e le diede la pentola di neve. "Bravissima!" esclamò questa. Tolse il pane dal fuoco, ne
mise tre fette in tre piatti di terracotta poi su ciascun piatto gettò una
mestolata generosa della neve portata dalla bambina. Questa non capiva proprio
e temeva che la cosa sarebbe andata a finire male. Strinse a se la capra amica
di tante notti come a volerla proteggere. La madre non disse nulla e le sorrise.
Sempre sorridendo portò i piatti alla tavola del re. Nel vedere quello che gli era stato servito il
conte e il barone sgranarono gli occhi. Non dissero nulla però, aspettando come
sempre il parere del re per essere d'accordo con lui. Questi fissò dubbioso il
piatto. Poi fissò la donna che non aveva mai smesso di sorridere. Fece girare
un po' il contenitore di terracotta e il suo sguardo era sempre meno convinto.
"Mmm -disse- ...e come si chiamerebbe questa pietanza?" chiese.
"Beh -rispose la donna- è conosciuta come Pangnives...che nel nostro dialetto
vuol dire semplicemente Pane e Neve." " Ah."
disse il re. "Pane e neve..." Il barone ed il conte sembravano seduti
sulle spine. Non vedevano l'ora che il monarca gettasse i piatti contro la
parete per scagliarsi sulla capra e farla stufata oppure arrosto. Invece il re
prese in mano la forchetta, tagliò col bordo un pezzettino del morbido pane
scuro, lo immerse nella neve e si portò il tutto alla bocca. La bimba strinse
ancora di più la capretta. L'uomo masticò a lungo. I due nobili si protendevano
sul tavolo pronti a balzare in piedi al disgusto del sovrano. Il re masticò
ancora e ingoiò il boccone a fatica. Poi si girò a guardare la donna che lo
osservava in piedi accanto alla panca. "Eccezionale -dichiarò- davvero
eccezionale! Mai assaggiato nulla di più buono!" E si avventò sul piatto
come se non mangiasse da mesi. La bambina non poteva credere alle sue orecchie
e la capretta belò in segno d'approvazione. Il conte e il barone rimasero
congelati. Fu il barone a rompere il silenzio "Ehm...buonissimo! bisbigliò
non molto convinto "Ahm.. favoloso!" si affrettò ad accodarsi il conte
ma lo disse solo quasi con un sussurro. Di malavoglia, entrambi si misero a
spizzicare il loro ottimo piatto di pane
e neve.
Fu così che il re, il conte e il barone rimasero una
settimana nella casa di Valle Bianca in cima ai monti. In attesa dello
scioglimento delle nevi per poter tornare a valle, ogni giorno a colazione a
pranzo, a cena (e un paio di volte anche a merenda) sua maestà volle mangiare
soltanto Pane e Neve non degnando più
neanche di uno sguardo la bianca capretta. Quando fu il momento di andare, la
madre gli disse che, a furia di consumare tutta quella prelibata neve, a lei e
a sua figlia non era rimasto molto da mangiare. Il re allora si impegnò a farle
recapitare dal giorno dopo una grande scorta di cibi eccellenti che sarebbe
bastata per un anno intero. Disse che la scorta sarebbe stata rinnovata di anno
in anno purché lei avesse cucinato, durante la settimana invernale in cui il
sovrano sarebbe venuto a caccia in quella zona, sempre e soltanto il favoloso piatto
di Pane e Neve. Il monarca diede la
sua parola e, se anche si sa che spesso le parole dei re valgono meno dell'aria
fritta, in quell'occasione fu fatta fede alla promessa. Il re rinnovò una
succulenta scorta alimentare di anno in anno e tutti gli inverni andò in
vacanza per una settimana nella Valle Bianca. Fu così che nacque la famosa espressione
"La settimana bianca". Per ancora molte, moltissime notti al fuoco
del camino la bimba poté raccontare le sue storie alla capretta candida come la
neve. Mentre fuori, nel buio, soffiava forte
il vento delle montagne.